Un cadavere in cucina
Giancarlo De Cataldo
Una ricetta «sbagliata» scatena il pandemonio in un prestigioso ristorante romano. Solo che dalla farsa si cade presto nella tragedia, e nell’aria si spande odore di delitto. Quello dell’ haute cuisine è però un mondo frequentato dai potenti. Per le indagini serve uno come il Pm melomane Manrico Spinori, che alla competenza unisce, in giusta dose, l’atavica disposizione a non lasciarsi intimidire. La notizia è clamorosa: i selezionati clienti del Controcorrente , pluristellato locale capitolino, sono rimasti vittime di un’intossicazione. Nulla di cosí grave, in fondo, non fosse che uno di loro, un colonnello dell’esercito, dopo quarantott’ore muore. Dagli accertamenti risulta che i piatti incriminati contenevano tutti psilocibina, una sostanza presente in alcuni funghi allucinogeni. Ma la psilocibina non è letale, dev’essere un altro l’ingrediente che ha ucciso il militare. Il caso, di cui si interessano pure i Servizi segreti, si complica ancora quando i morti diventano due. Costretto a interrompere le vacanze per occuparsene, Manrico Spinori arriverà alla soluzione del mistero con l’aiuto della sua squadra – composta unicamente da donne – districandosi con abilità tra false piste e ingerenze sospette. E avviando una collaborazione speciale con una spia molto abile e molto avvenente. – Sa che ha scritto di lui un critico? Ha scritto, vado a memoria: la cucina di chef Marini esprime nella tecnica dell’impiattamento una tensione paesaggistica, ma del paesaggismo che rinvieni nel Giotto primitivo, in Piero o nelle composizioni piú delicate, e al contempo inquietanti, dei preraffaelliti… Manrico fu tentato di esibirsi in una battuta acida, tipo «non sarà mica Mondrian o Mozart…» ma si trattenne. Doveva liberarsi di schemi mentali angusti. Lui amava l’opera, altri la grande cuisine … Perché, dunque, negare quarti di nobiltà all’antica arte della tavola? Non si erano forse decisi destini di popoli e di dèi, fra un rombo alla brace e un flan di zucca? Ah, e dimenticavo: Gioacchino Rossini. Non aveva forse fatto della buona tavola una religione, il sublime Rossini?
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