Dubai
Dubai
Emanuele Felice
La frontiera più avanzata del benessere materiale, intravista dall’animale Sapiens in tutta la sua storia. La più strabiliante vittoria dell’ingegnosità umana sulle asprezze della natura. La città più felice del mondo, recita il cartello di benvenuto all’aeroporto. Possiamo immaginare che Dubai sarà il nostro futuro? Dovremmo forse sperarlo? Un giardino incantato nel deserto, un precipitato di modernità pulsante là dove c’erano rocce e sabbia. Creata pressoché dal nulla da emiri abili e visionari, Dubai ha conosciuto solo il capitalismo e ha dato forma all’utopia consumistica: la felicità fondata sull’abbondanza. Ma senza diritti. Senza libertà politiche e civili. Guardiamola allora «la città più felice del mondo», gli altissimi grattacieli, i quartieri costruiti su isole artificiali, gli smisurati centri commerciali. Dietro la patina dei suoi splendori, troveremo la realtà di uno dei regimi più oppressivi, iniqui ed eco-distruttivi del mondo intero. Qui utopia e distopia si palesano per quello che sono: la stessa cosa. Come accade quando si pretende di lasciare il capitalismo senza i vincoli della politica democratica e dei diritti dell’uomo.
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