Lingua straniera
Lingua straniera
«Tutto ciò che ha a che fare col terrore mi stimola, mi appassiona, ed è la ragione per cui sono, o meglio sono stato, un accanito lettore di storie fantastiche e di fantascienza» ha dichiarato Emmanuel Carrère in un’intervista, additando in Lovecraft e Philip K. Dick due degli scrittori che più lo hanno segnato. Ma questa passione convive in lui, da sempre, con quella, non meno intensa, per il cinema: non a caso, Carrère ha dedicato il suo primo libro a Werner Herzog (1982) e a partire dai primi anni Novanta ha costantemente affiancato all’attività di narratore quella di sceneggiatore e di regista. Scritti su incarico di produttori inglesi che gli avevano chiesto «una serie di storie inquietanti» (del genere di “Ai confini della realtà”) e prima – Carrère tiene a precisarlo – che avesse letto “Epepe” di Ferenc Karinthy, i due soggetti (o meglio sinopsi) che qui presentiamo si alimentano di quelle due passioni. E ci confermano che nel caso di Carrère fra il narratore e lo sceneggiatore non c’è alcuna differenza: «Il cinema cui mi sento più vicino» ha detto del resto «è quello in cui prevale l’intreccio: ed è quello dei vecchi cineasti, di Lubitsch o di Hitchcock».
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